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Palmira, un sito archeologico ostaggio di guerra

Il Centro Studi sulla Civiltà del Mare presenta la conferenza dal titolo Palmira, un sito archeologico ostaggio di guerra a cura di Valentina Porcheddu, archeologa, collaboratrice del quotidiano Il manifesto. Un’occasione per ripercorrere, con un ricco corredo di immagini e documenti, le tappe della storia recente di Palmira, città romana della Siria presidiata dell’Isis per dieci mesi. Palmira, uno dei più spettacolari siti archeologici del Mediterraneo e del mondo (patrimonio Unesco dal 1980), già inserita nel patrimonio a rischio nel 2013 a causa dell’inasprirsi della guerra siriana viene occupata dallo Stato Islamico il 21 maggio 2015. Da allora, un crescendo di violenza coinvolge persone e monumenti. Prima, la terribile esecuzione dei soldati dell’esercito regolare siriano nel teatro romano di Palmira, poi il feroce assassinio dello storico direttore del museo e del sito Khaled Al-As’aad. Dopo gli uomini, le pietre. Alla fine di agosto dello stesso anno l’Isis fa esplodere il tempio di Baalshamin. La reazione su stampa e social network non si fa attendere. Palmira è uno dei siti più visitati al mondo, la sua distruzione suscita rabbia e commozione. Ancora a fine agosto viene ridotto in polvere il maestoso tempio di Bêl, il monumento più rappresentativo della città carovaniera. In settembre è il turno delle torri funerarie della piana di Belkis, in ottobre anche l’Arco di Trionfo subisce gravi danni.L’Unesco “certifica” le distruzioni, i proclami della comunità internazionale si moltiplicano ma nessuna iniziativa concreta viene presa per salvare Palmira. Finalmente, nel marzo 2016, Palmira viene liberata dall’esercito russo. Gli archeologi della Direzione Generale delle Antichità Siriane possono così recarsi in loco per constatare i danni. Le perdite, anche al museo, sono enormi. Alcuni esperti internazionali si recano anch’essi a Palmira e vengono lanciati i primi interventi di restauro dei reperti. La conferenza ripercorrerà le vicende della singolare sorte di un sito antico, ostaggio di una guerra ancora in corso. Verrà ripercorsa la storia di Palmira nell’antichità e attraverso foto e documenti realizzati da archeologi siriani sul campo si proporranno riflessioni sull’uso politico del patrimonio e sulla strategia dell’Isis, tra iconoclastia e economia del jihad, senza tralasciare il ruolo del governo siriano, colpevole di aver lasciato Palmira nelle mani dei soldati di Al-Baghdadi, così come di essere il regista dell’intervento russo allo scopo di riconquistare il sostegno dell’Occidente.